L’app Anom hackerata dall’FBI, centinaia di arresti nel mondo. Le comunicazioni criptate sono davvero sicure?

L’app Anom è una delle piattaforme più utilizzate in tutto il mondo per scambiare messaggi coperti da anonimato e sicurezza è stata hackerata e sotto controllo dell’FBI ha portato a centinaia di arresti nel mondo.

Lapp veniva utilizzata da organizzazioni criminali per concertare le strategie delle loro attività, senza farsi troppi problemi di coperture e di parole in codice.

Peccato per loro che l’app fosse stata sviluppata nell’ambito di Trojan Shield, un’operazione coordinata dall’Fbi, dalla Dea, l’agenzia antidroga americana, e dall’Europol, e che per mesi l’Fbi abbia monitorato qualcosa come 27 milioni di messaggi circolati su Anom tra oltre 12mila utenti in più di cento Paesi, tracciando le operazioni di trafficanti di droga e di “influencer criminali”.

L’operazione ha portato nell’ultima settimana all’arresto di oltre 800 persone in tutto il mondo e al sequestro di otto tonnellate di cocaina, 22 tonnellate di cannabis e due tonnellate di droghe sintetiche.

Quello che non sapevano gli utenti era che dal 2018 le autorità federali avevano preso il controllo del servizio. Anom utilizza telefoni mobili da qualche migliaia di dollari, privi di qualsiasi elemento come il Gps che abbia ricadute di tracciabilità e di identificazione, dotati solo di una app installabile solo su quei device che garantisce conversazioni coperta da protezione crittografica. Dal 2018 questi apparecchi non venivano più venduti liberamente ed erano reperibili solo sul mercato nero.

Dallo stesso anno l’Fbi si è infiltrato all’interno dei meccanismi di Anom grazie a uno sviluppatore che ha iniziato a collaborare permettendo agli agenti federali di intercettare e decifrare i messaggi.

Per l’Fbi si tratta della seconda grande operazione nel giro di pochi giorni. Lunedì gli agenti federali avevano infatti annunciato di essere riusciti a recuperare 2,3 milioni di dollari pagati in criptovaluta ai cybercriminali che avevano bloccato l’oleodotto Colonial Pipeline per riprendere l’operatività. Il riscatto pagato un mese fa era stimato attorno ai cinque milioni di dollari.

L’azione è stata resa possibile dal recupero delle password per accedere al wallet digitale utilizzato per raccogliere i bitcoin utilizzati per pagare il riscatto e che, dietro l’anonimato del wallet, farebbe capo al gruppo DarkSide, già molto attivo in azioni di ransomware.

Il wallet all’indirizzo bc1qq2euq8pw950klpjcawuy4uj39ym43hs6cfsegq è stato messo sotto osservazione dagli esperti di blockchain dell’Fbi che sono riusciti ad accedere con le password recuperando il possesso di 75 bitcoin pagati come riscatto.

I federali hanno tenuto ben cucite le bocche sui metodi per sbloccare il wallet digitale incriminato. Ma non può essere escluso che l’operazione sia collegata alle intercettazioni di conversazioni legate all’app Anom.

Fonte: ilsole24ore

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